È presto. Poco prima dell’alba. A quali inconsueti cammini si affida il risveglio e gli interrogativi, replicati dallo specchio – ora il tempo scredita il cielo. Brusco ricusa la luce – A quali percorsi incita il treno prescelto – oppure toccato in sorte…
Un ordine stacca il convoglio. Brevemente accelerando, scorre nei vetri. Allo sguardo retrogrado. Rettilineo incontro al giorno. Fino al mare.
Molte strade si animano da qui. Ristanno un po’, davanti a chi chiede la direzione qual è.
Prendono tempo: ascoltano il passo. Il cuore come pulsa. |
Le strade mai più percorse
Le strade mai più percorse: esse stesse hanno interdetto il passo – alla stazione Bologna della metro blu, una donna. Sospesa. In anticipo sulla pioggia –.
Qualcuno ha voltato le spalle senza obiettare, consegnato alla resa gli occhi che tentavano un varco.
Le ragioni mai sapute vanno. Inconfutate – scampate al giudizio – per i selciati – gli stessi ritmati di prima – gli stessi – da martellante fiducia – nell’equivoco di chi c’era.
Per un’aria che non rimorde – l’ombra sulla scialbatura – avvolte da scaltrito silenzio. |
La neve a Roma, 9 febbraio 1965 È già dentro la notte la sospensione Da una fessura filtra la sequenza in controcampo Su, c’è ancora neve: “Ma’, posso scendere giù?” Gli stivaletti da donna, modello sportivo Affondano fino a un angolo di marciapiede, L’autista e il bigliettaio si scaldano con le sigarette. È dissacrante il gioco della neve contro la lamiera.
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